venerdì 11 marzo 2011

Tallinn vota per l’austerità e dà fiducia al governo

Postimees, Estonia

Alle elezioni politiche del 6 marzo gli estoni hanno confermato per la seconda volta la fiducia al primo ministro Andrus Ansip. È stata una vittoria annunciata: la sua formazione, il Partito riformista, ha ottenuto 33 seggi, che sommati ai 23 dell’Unione Propatria-Res publica costituiscono una solida maggioranza parlamentare. I socialdemocratici avranno 19 deputati, mentre al Partito di centro, guidato dal sindaco di Tallinn Edgar Savisaar, andranno 26 seggi. Per la prima volta dall’indipendenza del 1991 al Riigikogu, il parlamento estone, saranno rappresentati solo quattro partiti. Il mantenimento di una rigida politica di bilancio, portata avanti anche in tempo di crisi e sempre accuratamente spiegata agli elettori, ha permesso ai due partiti di centrodestra, al potere dal 2007, di ottenere il sostegno degli estoni. Gli altri vincitori del voto sono i socialdemocratici: in termini percentuali, il sostegno al partito di Sven Mikser è quasi raddoppiato. In futuro bisognerà individuare i motivi che hanno determinato questo successo. Allo stesso modo, sarà interessante capire perché i Verdi e il Partito del popolo non sono riusciti a supe- Tallinn vota per l’austerità e dà iducia al governo L’Estonia è stata tra i paesi europei più colpiti dalla crisi. Ma la rigorosa politica del governo sta funzionando. E i cittadini hanno deciso di rinnovare l’incarico al primo ministro Andrus Ansip Postimees, Estonia

Il premier Andrus Ansip a Tallinn, 6 marzo 2011 votato via internet, a conferma della difusione del voto telematico nel paese. Dopo i giornali online e l’e-banking, gli estoni hanno dimostrato di essersi facilmente abituati anche alle elezioni elettroniche.
Certo, il tradizionale voto al seggio non sparirà in breve tempo. Ma se i cittadini potessero votare via internet anche nel giorno stesso delle elezioni, le cose potrebbero rapidamente cambiare.
Le elezioni del 6 marzo sono state un successo. Il voto è stato il più corretto e il più interessante degli ultimi vent’anni, anche grazie all’apporto dei numerosi candidati indipendenti. Poco importano i risultati: è tutto il paese ad aver vinto. La campagna elettorale è stata incentrata sui programmi dei partiti e su temi davvero importanti, i dibattiti si sono svolti in un clima civile e costruttivo, e la copertura della stampa è stata attenta e approfondita. La partecipazione degli elettori ha dimostrato che gli estoni hanno a cuore il loro paese. Inoltre i 141mila voti espressi via internet sono un record. Gli elettori hanno votato da 106 paesi diversi, a dimostrazione delle grandi dimensioni della diaspora estone.
Ainar Ruussaar, Eesti Päevaleht
L’opinione
Le elezioni
Seggi Percentuale
Partito riformista 33 28,6
Partito di centro 26 23,3
Unione Pro patria-
Res publica 23 20,5
Socialdemocratici 19 17,1

martedì 15 settembre 2009

Tutte le navi dei veleni

Andrea Palladino
ilmanifesto.it
Sembra avere un nome certo il relitto della nave mercantile avvistato sul fondo del Tirreno, a venti miglia nautiche (circa 38 chilometri) dal porto di Cetraro, in provincia di Cosenza. Per la Procura di Paola la probabilità che si tratti della Cunski - come anticipato venerdì da il manifesto - una nave da cargo uscita nel 1956 dai cantieri navali britannici, è estremamente alta.
Dalla prima analisi del filmato realizzato dal robot Rav emerge che la prua presenta un largo squarcio, con i lembi della lamiera rivolti verso l'esterno, segno di una probabile esplosione a bordo. «Di fianco alla nave - spiega il procuratore di Paola Bruno Giordano - sono visibili due fusti», da dove sono stati prelevati dei campioni, inviati ai laboratori di analisi.
Tutto fa dunque pensare che il relitto sia realmente la prima "nave a perdere", utilizzata per il trasporto - sola andata - di rifiuti tossici e radioattivi. L'ultimo proprietario del cargo risulta essere una società di armatori con sede a Saint Vincent, nelle Antille. Si tratta della Alzira Shipping Corporation, come risulta dagli archivi Starke-Schell Registers inglesi, una delle fonti più attendibili per ricostruire la storia di un vascello. Questa società acquistò la nave nel 1991 da un'altra compagnia, cambiando il nome da Cunski a Shahinaz. Dal registro la Cunski-Shahinaz risulta poi demolita ad Alang il 23 gennaio 1992.
I dati certi, almeno per ora, sono questi. L'identificazione definitiva e provata del relitto arriverà probabilmente nei prossimi giorni, quando saranno analizzate le tante immagini che il robot subacqueo sta ancora raccogliendo. Il passo successivo - quello più difficile - sarà quello di identificare il carico trasportato, il porto di provenienza e la società che organizzò il trasporto. La ricostruzione della catena delle responsabilità sarà il punto di partenza per iniziare a fare luce sulla stagione delle navi dei veleni.
Un mare di scorie
La Cunski - o meglio ancora, la Shahinaz - è solo una delle tante navi a perdere che a cavallo tra gli anni '80 e '90 sono state fatte affondare con carichi micidiali. Le associazioni ambientaliste - Legambiente, Greenpeace e Wwf - negli anni '90 avevano segnalato un elenco di navi sparite nel nulla. Dossier e studi consegnati alla commissione bicamerale sui rifiuti, che per diversi anni si è occupata della vicenda.
Particolarmente dettagliato era un elenco informale preparato da Greenpeace: sei navi, con relative coordinate del presunto affondamento. Si tratta della Four Star I, della Anni, la Comandante Rocio, della Euroriver, della Irini e della Marco Polo. Tutti vascelli cargo che oggi sarebbero sul fondale del Tirreno, carichi di scorie. In alcuni casi è già possibile riscontrare i dati forniti da Greenpeace con i registri navali. Il luogo di affondamento della Euroriver, ad esempio, corrisponde perfettamente con quanto venne dichiarato dagli armatori. Sarà, però, necessario verificare tutte le navi che risultano in qualche maniera coinvolte. È quello che chiede oggi la Procura di Paola e l'assessore regionale all'ambiente Greco.
Nessuna risposta è mai venuta dallo stato italiano, che ha in sostanza ignorato la questione fino ad oggi. Se alla regione Calabria sono bastati 70 mila euro e pochi giorni di ricerca per localizzare e filmare il Cunski, poco o nulla è stato fatto da parte del ministero dell'Ambiente o della marina mercantile. Nessuna spedizione, nessuna task force, nessun Rav mandato a verificare la presenza dei relitti. Solo oggi, dopo il clamore del ritrovamento, il ministro Prestigiacomo promette il supporto del governo per recuperare il Cunski, senza specificare se saranno cercati anche gli altri vascelli.
Il coinvolgimento dei governi
Il 3 agosto del 2004, dopo diverse interrogazioni e interpellanze, l'allora ministro ai rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi forniva a Montecitorio una sorta di versione ufficiale sull'intera vicenda. E sono parole pesanti: «È emersa una chiara sovrapposizione tra queste attività illegali ed il traffico d'armi». Un traffico che ha goduto, secondo Giovanardi, di protezioni istituzionali: «Numerosi elementi - continua il ministro - indicano il coinvolgimento nel suddetto traffico di soggetti istituzionali di governi europei ed extraeuropei, nonché di esponenti della criminalità organizzata e di personaggi spregiudicati, tra cui il noto Giorgio Comerio».
Le navi a perdere sono nulla più della punta di iceberg. Oltre alle complicità istituzionali e all'azione diretta della criminalità organizzata - la manovalanza per il "lavoro sporco" - ci sono ovviamente le aziende. Si chiamano stakeholders, sono i mediatori che possiedono la logistica, la conoscenza di campo, la rete di contatti. Un nome è già ampiamente noto. È la Jelly Wax, che organizzò gran parte dei viaggi delle navi verso paesi extraeuropei come il Libano e il Venezuela. Ma all'origine della filiera ci sono soprattutto le grandi industrie, i produttori delle scorie. «Ad alimentare il mercato illecito - scriveva la commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti il 25 ottobre del 2000 - sono anche le industrie a rilevanza nazionale ed internazionale, comprese aziende a rilevante partecipazione di capitale pubblico». Industrie che hanno utilizzato la rete semiclandestina delle navi a perdere per ottenere uno «smaltimento al minor costo, senza alcun controllo sulla destinazione finale del rifiuto».

lunedì 20 aprile 2009

Italia: Berlusconi crea un nuovo partito di destra

Dae Marianne Arens
http://www.wsws.org/
14 aprile 2009

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese l’8 aprile 2009.

Alla fine di marzo, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fondato un nuovo partito di destra a Roma. Ha unito il suo partito, Forza Italia, che aveva inizialmente fondato nel 1994, con il neo-fascista Alleanza Nazionale (AN), guidato da Gianfranco Fini, per creare il partito di destra Popolo della Libertà (PdL).

I due partiti di destra di Berlusconi e Fini, che hanno lavorato insieme nel corso degli ultimi 15 anni, hanno già utilizzato lo stesso nome-Popolo della Libertà-sia per le campagne elettorali che come partner di coalizione nel governo. Oltre a Forza Italia e Alleanza Nazionale, appartiene alla nuova formazione anche una serie di piccoli partiti, compresa l'estrema destra Azione Sociale guidata da Alessandra Mussolini, nipote del dittatore fascista Benito Mussolini.

La fondazione del partito ha avuto luogo in una grande sala a Roma solitamente riservata ai concerti pop. Berlusconi è stato "eletto" unico leader del nuovo partito da circa seimila delegati acclamanti. Non ci sono stati candidati rivali. Il cosiddetto "congresso" è stato un evento mediatico costruito interamente intorno alla figura di Berlusconi. La folla ha gridato più volte "Silvio, Silvio" sventolando bandiere di Forza Italia e tricolori, mentre gli amplificatori rimbombavano della melodia di Forza Italia, già utilizzata nella campagna elettorale come inno a Silvio. Ha infatti come ritornello: "Presidente, siamo con te, per fortuna che Silvio c'è".

La processione è costata tre milioni di euro, è stata seguita da 750 giornalisti ed è stata trasmessa in tutto il paese da almeno tre emittenti televisive nazionali.

La struttura interna del nuovo partito è del tutto subordinata al "presidente"-titolo preferito dal suo leader. Il PdL è privo di qualsiasi tipo di struttura democratica. "Il presidente" nomina i membri della presidenza e del comitato esecutivo così come i tre coordinatori di partito e ha l'ultima parola quando si tratta di selezione dei candidati per il partito alle elezioni europee, nazionali e regionali.

Nel suo discorso al congresso, Berlusconi ha chiesto una "rivoluzione liberale, civile e popolare". Ha poi spiegato cosa intendeva dire, facendo riferimento alla necessità di "un governo migliore per l'Italia" e "più potere per il Presidente del Consiglio". In futuro, come capo del governo vuole avere la facoltà di nominare e revocare arbitrariamente ministri e il diritto di sciogliere il Parlamento. Entrambi i poteri sono attualmente di competenza dell'autorità del Presidente della Repubblica.

Il disprezzo di Berlusconi per le norme e le regole parlamentari convenzionali era già chiaro prima del congresso, quando ha proposto che solo i capigruppo parlamentari dovessero essere presenti durante il voto in Parlamento e dovessero votare in rappresentanza di tutto il loro gruppo parlamentare.

L'unica persona a criticare l'assalto di Berlusconi alla procedura democratica è stato Gianfranco Fini, a capo da molti anni di Alleanza Nazionale e attuale presidente della Camera. Nel suo discorso al congresso, Fini ha ricordato ai delegati che il governo ha il dovere di rispettare l'opposizione e i diritti degli stranieri: "Noi non dovremmo avere paura degli stranieri, proprio noi che siamo figli di un popolo di emigranti", ha detto Fini.

I commenti di Fini non sono motivati da alcuna preoccupazione per il futuro della democrazia in Italia, ma riflettono piuttosto una lotta per il potere che si svolge all'interno della leadership del nuovo partito. Fini non è solo un tradizionale alleato politico di Berlusconi, ma anche il suo principale rivale. Fini vede se stesso come l'erede politico dell'attuale leader del partito, che è di quindici anni più anziano, ma è preoccupato che le tendenze autocratiche di Berlusconi possano rovinare le sue possibilità.

Alleanza Nazionale di Fini è emersa nel 1994 dalle ceneri del Movimento Sociale Italiano, che aveva le sue radici nel movimento fascista di Mussolini. Nel corso di un lungo processo, che culminò nella sua visita al santuario della memoria Yat Vashem, in Israele nel 2003, Fini ha cercato di prendere le distanze dagli elementi fascisti più estremi nel suo partito e di rendere più accettabile AN all'establishment politico borghese italiano. Poco dopo il suo viaggio in Israele, è stato nominato ministro degli Esteri da Berlusconi.

Oggi, ancora una volta Fini può tendere la sua mano alla linea dura fascista. Come nel caso di Alessandra Mussolini, tali elementi sono benvenuti nel nuovo partito.

Altri membri di AN a parlare al congresso di Roma sono stati Gianni Alemanno, ex trascinatore di folle fascista e attuale sindaco della capitale italiana, e il ministro della Difesa Ignazio Benito La Russa. Alemanno si è vantato del fatto che ha preso il controllo su Roma per la prima volta dopo cinquant'anni di governo della sinistra. La Russa ha usato il suo discorso per annunciare il raddoppio del numero di truppe da utilizzare per operazioni di sicurezza interna nei prossimi mesi. La Russa è stato nominato coordinatore del comitato esecutivo del PdL, un posto che è secondo solo a Berlusconi.

Alcune settimane fa, La Russa e Berlusconi hanno emesso un decreto che autorizzava privati cittadini a svolgere pattugliamenti (detti "ronde") durante il periodo notturno, così da legalizzare virtualmente le attività violente di bande razziste di destra nei confronti degli immigrati. Il governo sta deliberatamente utilizzando rifugiati senza permesso di soggiorno come capri espiatori per distogliere l'attenzione dalla crisi sociale del Paese e allo stesso tempo dispiegare l'esercito per usi civili.

Le tensioni sociali

Con il suo nuovo partito, Berlusconi ha ottenuto un livello di autorità personale che viola palesemente le norme democratiche più elementari e incarna chiare tendenze bonapartiste. Egli è uno degli uomini più ricchi del Paese, dispone di un enorme impero mediatico e controlla le sei più grandi stazioni televisive nazionali e private. Allo stesso tempo, è il capo del governo e controlla il partito più grande e attualmente più influente del paese.

L'accentramento di tutti questi ruoli in un solo uomo, però, più che un segnale di forza indica una più profonda crisi sociale e politica del paese. I meccanismi democratici utilizzati in passato per attenuare le contraddizioni di classe sono stati esauriti. I cosiddetti partiti di opposizione, compresa la cosiddetta "sinistra" di Rifondazione comunista, sono completamente screditati da anni di collaborazione nel governo guidato da Romano Prodi. Berlusconi è in bilico come un artista circense sulle crescenti contraddizioni sociali e sta tentando di mantenere il controllo della situazione con una combinazione di propaganda assordante, media compiacenti e asserviti, campagne razziste e puro potere di polizia. È una politica che non potrà avere successo a lungo termine.

L'Italia ha una lunga e ininterrotta tradizione di contestazioni militanti laburiste e sta attraversando attualmente la più profonda crisi economica nella sua storia dal dopoguerra. Immediatamente dopo lo scoppio della crisi finanziaria mondiale, il paese è scivolato nella recessione. Nei primi due mesi dell'anno in corso, più di 370.000 posti di lavoro sono stati persi. L'OCSE prevede che quest'anno l'economia italiana si ridurrà del 4,3 per cento.

Anche prima della crisi, il debito pubblico italiano era tra i più alti in Europa e ha minacciato di divenire incontrollabile. L'unico contributo di Berlusconi per risolvere la crisi è stato di sottovalutare completamente le sue conseguenze. All'inizio di marzo ha annunciato: "Basta con i catastrofismi, la situazione è pesante, ma non tragica".

Nel frattempo, la crisi sociale del Paese è peggiorata drammaticamente. Nel sud del paese una famiglia su quattro vive nella miseria. Come è avvenuto negli anni Settanta, centinaia di migliaia di persone si dirigono al nord alla ricerca di lavoro, anche se la disoccupazione è in aumento anche in quelle regioni industrializzate.

La maggiore industria italiana, la Fiat, ha annunciato che intende chiudere uno stabilimento. L'azienda, fortemente indebitata, ha già perso diverse migliaia di posti di lavoro nel corso degli ultimi cinque anni, attraverso una combinazione di "ristrutturazione" e "snellimento". Alla fine di marzo, i lavoratori hanno reagito al piano di chiudere la sede di Pomigliano D'Arco vicino a Napoli con un blocco della strada che è stato poi interrotto forzatamente dalla polizia.

Opposizione senza artigli

Il nuovo partito di Berlusconi appare così forte e potente solo perché l'opposizione politica ufficiale è assolutamente debole e inutile. Si è limitata a mendicare a Berlusconi un posto al tavolo delle trattative al fine di trovare "soluzioni congiunte" per uscire dalla crisi economica.

Il 4 aprile, solo una settimana dopo la creazione del nuovo partito di Berlusconi, fino a 2,7 milioni di persone hanno manifestato a Roma per una settimana contro la politica economica del governo. Il messaggio dato ai manifestanti dal capo del sindacato CGIL, Guglielmo Epifani, è stato un patetico appello ad una "tavola rotonda per la lotta contro la crisi economica". Berlusconi ha disprezzato le istanze della manifestazione e sarcasticamente ha detto che è stata inutile, "come uno sciopero contro la pioggia".

Epifani è un membro importante del Partito Democratico, il cui presidente Walter Veltroni si è dimesso in uno stato di frustrazione un mese fa a seguito di una grave sconfitta del partito alle urne in Sardegna. Veltroni, ex membro del Partito Comunista Italiano (PCI) e per molto tempo sindaco di Roma, aveva fondato il Partito Democratico nel 2007, utilizzando come modello i Democratici americani guidati da Barack Obama.

Il nuovo presidente del partito è Dario Franceschini, un democristiano legato alla Margherita, una corrente di minoranza del PD. Ciò significa che per la prima volta il Partito Democratico, che ha le sue radici nell'ex-potente PCI, ora è guidato da un democristiano.

Prima del ritorno di Berlusconi al potere il paese è stato governato per due anni da una cosiddetta coalizione di centro-sinistra guidata da Romano Prodi. Questi due anni sono stati sufficienti ad allontanare larghe fasce della popolazione attiva, sempre più delusi dalle politiche conservatrici di questa coalizione in cui i partiti successori del PCI formavano il più grande gruppo parlamentare.

Un ruolo particolarmente insidioso è stato svolto dall'organizzazione Rifondazione Comunista, che ha assunto un posto ministeriale nel governo Prodi e sostenuto tutte le vergognose attività del governo. Nelle elezioni politiche dell'aprile 2008, il partito ha poi perso tutti i suoi seggi in Parlamento. Le sue politiche opportunistiche sono sostanzialmente responsabili dell'imponente successo di Berlusconi. Oggi, il partito è in una fase di autoframmentazione pubblica.

La classe lavoratrice ha risposto con militanza alla crisi finanziaria ed economica. I conflitti di classe hanno raggiunto un'intensità senza precedenti. Le forme di governo parlamentare e le forme di compromesso sviluppate nel periodo post-bellico per ridurre i conflitti sociali hanno dimostrato di essere sempre più inefficaci. Il Paese è sull'orlo di grandi lotte di classe.

Allo stesso tempo, vi sono enormi pericoli derivanti dal declino e dal tradimento delle vecchie organizzazioni dei lavoratori. Il nuovo partito di Berlusconi è caratterizzato da una sbruffona spettacolarizzazione di sé ma nasconde profondi conflitti sotto una superficiale impressione di armonia. Tuttavia, l'influenza di elementi fascisti in crescita, che non hanno mai ottenuto più del 12 per cento dei voti nelle elezioni e ora si considerano gli eredi di Berlusconi, è un segnale di allarme. La classe lavoratrice italiana ha già sofferto per mano dei fascisti perché mancava una guida lucida e determinata.

Il compito di stabilire un'alternativa marxista che articoli le esigenze della classe lavoratrice indipendentemente da tutti gli interessi borghesi e difenda un programma internazionale e socialista non è mai stato così impellente. A tal fine è necessario costruire una sezione della Quarta Internazionale in Italia.

giovedì 19 marzo 2009

Crisi dei ricchi, via crucis dei poveri

AUTORI: Jorge MAJFUD

Tradutzioni dae Ruggero Fornoni

Le teorie dell’evoluzione dopo Darwin assumono una dinamica divergente. Due specie possono discendere da una comune; ogni tanto, le specie stesse possono scomparire in forma graduale o drastica, ma mai due specie finiscono con il confluire in una sola. Non esiste meticciato se non all’interno della stessa specie. Nel lungo periodo, una gallina e un’uomo sono parenti lontani, discendenti di un qualche rettile ed entrambi rappresentano una risposta positiva della vita nella lotta per la sopravvivenza.

Cioé, la diversità è la forma in cui la vita si espande e si adatta ai diversi ambienti e alle diverse condizioni. Diversità e vita sono sinonimi per la biosfera. I processi vitali tendono alla diversità ma allo stesso tempo sono espressione di una unità, la biosfera, Gaia, l’esuberanza della vita nella sua permanente lotta per sopravvivere in ambienti ostili al suo stesso miracolo.

Per la stessa ragione la diversità culturale è un requisito per la vita dell’umanità. Ovvero, e comunque potrebbe essere una ragione sufficiente, la diversità non si limita solo a evitarci la noia della monotonia ma, inoltre, è parte della nostra sopravvivenza vitale come umanità.

Nonostante ciò, siamo stati noi esseri umani la unica specie che ha sostituito la naturale e prudente sostituzione di specie con un artificiale e minaccioso sterminio, con il saccheggio industriale e con la contaminazione del consumismo. Coloro tra noi che sostengono un possibile ma non inevitabile “progresso della storia” basato sulla conoscenza e l’esercizio dell’eguale-libertà, possono vedere che l’umanità, tante volte posta in pericolo di estinzione da se stessa, ha ottenuto alcuni successi che le hanno permesso di sopravvivere e di convivere con la propria crescente forza muscolare. E nonostante ciò, non abbiamo aggiunto niente di buono al resto della natura. In molti aspetti, in questo naturale processo di prove ed errori, forse siamo andati indietro o i nostri errori sono diventati esponenzialmente più pericolosi.

Il consumismo è uno di questi errori. Questo appetito insaziabile ha poco o niente a che fare con il progresso verso una possibile e comunque improbabile era senza-fame, post-scarsità, piuttosto ha a che vedere con una più primitiva era della gola e dell’avidità. Non diciamo che ha a che fare con un istinto animale, perchè nemmeno i leoni monopolizzano la savana né praticano lo sterminio sistematico delle proprie vittime, e perchè perfino i maiali si saziano solo di tanto in tanto.

La cultura del consumismo ha mostrato i suoi limiti in vari aspetti. Primo, ha contraddetto la condizione prima segnalata, superando le diversità culturali, sostituendole con i suoi ninnoli universali o creando una pseudo diversità dove un operaio giapponese o una meccanica tedesca possono utilizzare per due giorni un oggetto di artigianato peruviano fatto in Cina o possono godere cinque giorni della più bella tendina veneziana importata da Taiwan prima che si rompano per l’uso eccessivo. Secondo, perchè ha anche minacciato l’equilibrio ecologico con le sue estrazioni illimitate e le sue restituzioni sotto forma di spazzatura immortale.

Esempi concreti possiamo osservarli attorno a noi. Potremmo dire che è una fortuna che un operaio possa apprezzare le comodità che prima erano riservate solo alle classi agiate, le classi improduttive, le classi consumatrici. Nonostante ciò, questo consumo –indotto dalla pressione culturale e ideologica- si è convertito molte volte nella finalità del lavoratore e in uno strumento dell’economia. Il che, a rigor di logica, significa che l’individuo-strumento si è convertito in un mezzo dell’economia in quanto individuo-consumatore.

In quasi tutti i paesi sviluppati o in via di questo “modello di sviluppo”, i mobili che invadono i mercati sono pensati per durare pochi anni. O pochi mesi. Sono carini, hanno un bell’aspetto come quasi tutto nella cultura del consumo, ma se li fissiamo a lungo si rigano, perdono una vite o sono squadrati. Ogni giorno di più risulta esotica la preocupazione della mia familia di carpentieri per migliorare il disegno di una sedia perchè durasse cent’anni. Dei nuovi mobili usa-e-getta non ci si preoccupa molto perchè sappiamo che sono costati poco e che, in due o tre anni ne compreremo degli altri nuovi, il che comporta maggior interesse e trasformazione nella decorazione delle nostre case e dei nostri uffici e soprattutto stimola l’economia mondiale. Secondo la teoria in corso, ciò che buttiamo qui aiuta lo sviluppo industriale in qualche paese povero. Per questo ci sentiamo buoni, perchè siamo consumatori.

Ma questi mobili, anche quelli più economici, hanno consumato alberi, hanno bruciato combustibile nel loro lungo viaggio dalla Cina o dalla Malesia. La logia del “butto dopo aver usato”, che è la cosa più ragionevole per una siringa di plastica, diventa una legge necessaria per stimolare l’economia e mantenere il PIL in perpetua crescita, con le sue rispettive crisi e fobie quando la caduta provoca una recessione del due per cento. Per uscire dalla crisi bisogna aumentare la droga. I soli Stati Uniti, per esempio, destinano milioni di dollari perchè i suoi abitanti ritornino a consumare ed a spendere, destinano milioni di dollari per uscire dalla disperazione della recessione in modo che così il mondo possa continuare a girare, consumare e buttare.

Ma questi rifiuti, pur economici che siano –il consumismo è basato su della mercanzia economica, usa-e-getta, che rende quasi impossibile il riciclaggio di prodotti durevoli- possiedono pezzi di legno, plastica, batterie, canne di ferro, viti, vetro e ancora plastica. Negli Stati Uniti tutto ciò e anche di più va nella spazzatura –anche in questo tempo chiamato per ragioni equivoche “di grande crisi” - mentre nei paesi poveri, i poveri vanno alla ricerca della stessa spazzatura. Alla lunga, chi finisce con il consumare tutta la spazzatura è la natura mentre l’umanità continua a sospendere i cambiamenti nel proprio stile di vita al fine di uscire dalla recessione e al fine di sostenere la crescita dell’economia.

Ma cosa significa “crescita economica”, cosa significa questo due o tre per cento che ossessionano tutto il mondo, da Nord a Sud da Est a Ovest?

Il mondo è convinto che si trova in una terribile crisi. Ma il mondo è sempre stato in crisi. Ora la crisi è definita come mondiale perché (1) avanza e colpisce l’economia dei più ricchi; (2) il semplificato paradigma dello sviluppo ha diffuso la propria isteria al resto del mondo, contribuendo a darle legittimità. Ma negli Stati Uniti le persone continuano ad innondare i negozi e i ristoranti e i loro tagli non implicano mai la fame, sebbene siano in una situazione di gravità in cui milioni di lavoratori si trovano senza lavoro. Nei nostri paesi periferici una crisi significa bambini per la strada a chiedere elemosina. Negli Stati Uniti vuol dire consumatori che consumano un po’ meno mentre aspettano il prossimo ticket del governo.

Per uscire da questa “crisi”, gli specialisti si strizzano il cervello e la soluzione risulta sempre la stessa: aumentare il consumo. Ironicamente, aumentare il consumo prestando alla gente comune il suo stesso denaro attraverso le grandi banche private che ricevono l’aiuto salvifico del governo. Non si tratta solo di salvare alcune banche, ma, soprattutto, di salvare una ideologia e una cultura che da sole non sopravviverebbero se non ricevessero frequenti iniezioni ad hoc: stimoli finanziari, guerre che promuovono l’industria e controllano la partecipazione popolare, droghe e diversioni che stimolano, tranquillizzano e anestetizzano in nome di un bene comune.

Usciremo veramente dalla crisi quando il mondo ricomincerà una crescita del cinque per cento attraverso lo stimolo del consumo nei paesi ricchi? Non staremo preparando la prossima crisi?, una crisi reale –umana ed ecologica- e non una crisi artificiale come quella che subiamo oggi? Quando ci renderemo conto che questa non è veramente una crisi ma solo un’avvertenza, ovvero una opportunità per cambiare le nostre abitudini?

Ogni giorno rappresenta una crisi perchè ogni giorno scegliamo un percorso. Ma ci sono crisi che sono una lunga via crucis e altre che sono critiche perchè, sia per gli oppressi che per gli oppressori comportano una doppia possibilità: la conferma di un sistema o il suo annichilimento. Finora la prima ha prevalso sul secondo per mancanza di alternative. Ma non bisogna mai sottostimare la storia. Nessuno avrebbe mai pensato ad una alternativa al feudalesimo medioevale o al sistema schiavista. O quasi nessuno. La storia degli ultimi millenni dimostra che gli utopici l’avevano previsto con una precisione esagerata. Ma, come ai giorni nostri, gli utopici hanno sempre goduto di una cattiva fama. Perchè sono la denigrazione e il discredito le forme che ogni sistema dominante ha sempre avuto per evitare la proliferazione di gente con troppa immaginazione.




Originale da: Crisis de los ricos, via crucis de los pobres

Articolo originale pubblicato nel febbraio 2009

L’autore

Jorge Majfud è autore associato di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=7209&lg=it

mercoledì 25 febbraio 2009

I Bambini di Guantanamo

William Fisher, People’s Weekly World Newspaper - Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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Omar Khadr



NEW YORK, 5 febbraio 2009 – Esperti legali e difensori dei diritti umani hanno fatto appello al pubblico per ricordare "i soldati bambini" di Guantanamo, detenuti nel carcere dove si trovano "i peggiori tra i peggiori".

Da quando l'emblematico centro di detenzione a Cuba ha aperto nel 2002, circa 22 minori vi sono stati incarcerati. Contrariamente al protocollo per i Diritti dei Bambini delle Nazioni Unite, tutti, ad eccezione di tre, sono stati alloggiati con i prigionieri adulti, nonostante l'obbligo di promuovere "la riabilitazione fisica e psico-sociale e il reinserimento sociale dei bambini che sono vittime di conflitti armati".

L’ex Vice Presidente Dick Cheney, il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, e molti altri alti funzionari dell’amministrazione di George W. Bush hanno ripetutamente descritto tutti i detenuti di Guantanamo come "i peggiori dei peggiori".

I difensori dei diritti umani insistono su due casi in particolare di "bambini soldato".

Mohammed el-Gharani, cittadino del Ciad residente in Arabia Saudita, aveva soltanto 14 anni quando fu catturato da forze pakistane nel mese di ottobre 2001, durante un raid in una moschea a Karachi, in Pakistan, distante 1200 chilometri dai campi di battaglia dell'Afghanistan.

Gli avvocati che difendono El-Gharani hanno dichiarato che il ragazzo è stato trattato con spaventosa brutalità. Dicono che dopo essere stato torturato mentre era in custodia pakistana, è stato venduto alle forze armate statunitensi che l’hanno portato in aereo in una prigione nell’aeroporto di Kandahar dove, ha testimoniato il ragazzo, uno dei soldati "teneva con le forbici il mio pene e mi diceva che l’avrebbe amputato".

Gli avvocati sostengono che arrivato a Guantanamo, il suo trattamento non è migliorato. Continuamente sottoposto ad abusi razzisti a causa del colore della sua pelle, è stato impiccato dai polsi in numerose occasioni, ed è anche stato sottoposto a un regime di "tecniche di indagine rafforzate" [espressione statunitense che significa tortura] per prepararlo agli interrogatori. Queste comprendevano prolungata privazione del sonno, isolamento prolungato e costrizioni a mantenere a lungo posizioni dolorose: che chiaramente costituiscono tortura.

Come risultato di queste e di altre forme di abuso, compresi i regolari pestaggi da parte delle guardie responsabili per reprimere anche le più lievi infrazioni, el-Gharani è caduto in profonda depressione e ha più volte cercato di suicidarsi.

Ma il mese scorso, pochi giorni prima dell'insediamento del Presidente Barack Obama, un giudice federale, Richard Leon, ha emesso una sentenza in cui si sostiene che il governo non aveva dimostrato lo status di combattente nemico di el-Gharani e ha deciso che il ragazzo avrebbe dovuto essere liberato e rimpatriato "senza indugio ". Il giudice Leon ha detto che il governo si era basato principalmente su informazioni provenienti da altri due detenuti a Guantanamo la cui affidabilità e credibilità erano discutibili. È comunque improbabile che el-Gharani venga rilasciato presto perché non è chiaro se il governo del Ciad lo accetterà.

Nel corso dell’ultimo mese, i giudici federali di Washington, come richiesto dagli avvocati difensori, hanno rivisto, caso per caso, le accuse contro circa 200 detenuti. Il riesame da parte dei tribunali civili del territorio degli Stati Uniti, prosegue grazie a una sentenza del giugno 2006 emessa dalla Corte Suprema, che ha concesso a persone sospettate di atti terroristici di contestare la loro detenzione davanti a una corte federale.

L'amministrazione di Bush aveva dichiarato che el-Gharani era stato ospitato in Afghanistan in una casa appartenente ad al Qaeda, che aveva partecipato alla battaglia di Tora Bora - da dove Osama bin Laden fuggì alla fine del 2001 – ed è stato staffetta per alti ufficiali di al Qaeda. È anche stato accusato di essere membro di una cellula di al Qaeda con base a Londra.

L’altro "bambino soldato" ancora detenuto a "Gitmo" è Omar Khadr. È stato arrestato in Afghanistan all'età di 15 anni e il suo processo era in corso quando, con uno dei suoi primi decreti presidenziali, Obama ha sospeso per 120 giorni tutti i procedimenti della Commissione Militare, in attesa di un esame dei singoli casi e ha anche incaricato un gruppo di esperti provenienti da diversi enti governativi a esaminare il sistema in uso presso la Commissione Militare e proporre eventuali alternative da adoperare in azioni penali.

Khadr è nato a Toronto ed è l'unico cittadino di un paese occidentale attualmente detenuto a Cuba dagli autorità statunitensi. È stato catturato dopo una battaglia a fuoco nel villaggio di Ayub Kheyl, Afghanistan, durata quattro ore, e ha trascorso gli ultimi sei anni a Guantanamo. È accusato di crimini di guerra, sostegno al terrorismo e di aver lanciato una granata che ha ucciso un soldato statunitense.

Ma secondo gli avvocati presenti durante l'udienza, le accuse contro di lui si stavano rivelando infondate. Da documenti militari statunitensi venuti alla luce inavvertitamente è emerso che le prime relazioni non indicavano Khadr come la persona che aveva lanciato la granata e che ulteriori testimonianze dei testi per il governo si sono dimostrate "inattendibili".

Uno degli avvocati ha detto: "C’era poca speranza che l'impossibilità di comprovare le accuse avrebbe messo in difficoltà il pubblico ministero. Un verdetto di colpevolezza era quasi scontato.

Gabor Rona, Direttore Legale per l’organizzazione internazionale Human Rights First, ha dichiarato al nostro corrispondete che il processo contro Khadr "deve essere respinto in toto". Ha rilevato che Khadr aveva 15 anni quando è stato arrestato.

"Se il processo procede - e non importa in quale veste - sarà il primo esempio di un soldato bambino portato a processo in un tribunale degli Stati Uniti per azioni compiute in tempo di guerra. Ciò sarebbe contrario ai principi del diritto internazionale, che ci invitano a riabilitare e tutelare, altro che punire i soldati bambini", ha detto Rona.

Ha aggiunto: "Quello di cui è accusato – la difesa da un’aggressione di soldati statunitensi - non è un crimine in base alle leggi di guerra. Portare una persona in giudizio per azioni che legalmente non violavano nessuna norma quando sono state fatte è invece definito un crimine di guerra nel diritto internazionale ed è anche una violazione della Costituzione statunitense".

Il Primo Ministro Canadese Stephen Harper ha sempre rifiutato di intervenire nel caso Khadr e ha rifiutato di chiedere l'estradizione in Canada, mentre il processo era in corso. Ma Rona ha detto al nostro inviato che il Canada e gli Stati Uniti stanno parlando di un eventuale rimpatrio in Canada del giovane.

"Non è chiaro se questo accadrà, e se sì, a quali condizioni", ha detto Rona.

Secondo sondaggi affidabili, il 64 per cento dei canadesi hanno espresso un parere favorevole sul rimpatrio di Khadr in Canada, e le organizzazioni nazionali e internazionali come Amnesty International e l’Albo degli Avvocati Canadesi hanno fatto appello al governo conservatore di portare a casa Khadr.

Rona ha sostenuto che: "La questione dei bambini soldato viene notata in particolare quando le sensibilità delle società occidentali vengono offese dall'arruolamento di adolescenti per combattere in guerre civili. L'indignazione curiosamente si placa quando il bambino è uno dei nostri, 'arruolato' in questo caso da suo padre, un noto simpatizzante di al Qaeda. Il Primo Ministro Harper, tuttavia, sembra sordo alle preghiere di UNICEF e di altri difensori dei bambini. "

Ha aggiunto: "Gli statunitensi testimoniano a un decennio di abusi della loro Costituzione: é sempre più urgentemente chiedere che Bush e i suoi complici rispondano delle azioni illegali commesse in patria e all'estero; anche i canadesi dovrebbero ritenere il Sig. Harper colpevole per aver calpestato i diritti di uno dei suoi concittadini".

Articolo originale:
www.pww.org/article/articleview/14428/

domenica 18 gennaio 2009

SINDROME DI QUIRRA

Nell' altopiano del Salto di Quirra, un’immensa area selvaggia divisa fra i territori di Perdasdefogu (provincia di Nuoro, a nord), Villaputzu e, in piccola parte, San Vito, è installato il poligono sperimentale più grande d'Europa. Ogni sorta di ordigno distruttivo (incluse armi non convenzionali) viene testato in questa estesa zona militarizzata - affittata persino ad aziende private note - che comprende qualche piccolo paesino abitato da gente semplice e pastori ormai da tempo abituati ad ogni genere di "effetto speciale". Da alcuni anni, di pari passo all'avanzamento della tecnologia bellica, gli abitanti adiacenti alla zona operativa, i militari impiegati nelle basi, persone di ogni estrazione, anche di giovane età, hanno cominciato a soffrire di gravi patologie, fino a produrre in poco tempo un vistoso incremento del tasso di incidenza tumorale locale. Il timore si è diffuso tra le persone della zona che, spesso nell'ignoranza delle reali correlazioni tra armamenti e malattia, non hanno potuto fare altro che tentare di spargere la voce dando luogo a un generale sconforto e al graduale spopolamento del territorio.
Il termine Sindrome di Quirra, coniato per definire la moltitudine di "coincidenze nefaste" riconducibili all'utilizzo dell'omonimo poligono, è troppo delicato per descrivere le terribili esperienze vissute dagli abitanti di quelle terre, avvelenati dai residuati bellici, ma anche dal dolore dell'impotenza. Ricercatori indipendenti, medici e alcuni istituti si sono interessati al caso ipotizzando come causa di tali effetti, la diffusione di impianti radar, metalli pesanti e nanoparticelle nell'ambiente. Questo è il tipo di inquinamento rilasciato dalle sofisticate armi di oggi (e dai relativi sistemi di supporto) che, rispetto a quelle di qualche decennio fa, producono effetti devastanti anche dopo la detonazione. Basti pensare al largo utilizzo di munizioni all'uranio impoverito che è stato al centro di infinite polemiche dalla Guarra del Golfo ai giorni nostri. Polemiche fatte, per lo più, dalla gente comune, ignara dei materiali e delle tecnologie impiegate in tali operazioni, ma ben consapevole degli effetti subiti.
Insomma, ordigni sperimentali testati anche sulle persone la cui salute, a quanto pare, quando si tratta di "difesa", passa sempre in secondo piano. Quando ci sono in ballo certi interessi, ormai si sa, eventuali effetti negativi vengono considerati solo come potenziali "danni collaterali". Durante le esercitazioni vengono proibiti gli accessi ad alcune aree che dopo poco vengono ricondivise, senza alcuno scrupolo, con le comunità locali di pastori. Così anche per le zone di mare dove per brevi periodi viene detto di non pescare. Come se metalli o sostanze chimiche tossiche si neutralizzassero nell'ecosistema in tempi celeri, piuttosto che in interi decenni come dimostrato da numerose ricerche. Attualmente sono oltre 35 mila gli ettari di territorio sardo sotto vincolo di servitù militare.
Deformità fetali negli esseri umani e negli animali, contaminazione del terreno e delle falde acquifere, tasso di mortalità alle stelle e puro terrore sono, ora più che mai, le caratteristiche di questa porzione di Sardegna, regione dall'incredibile bellezza ma, paradossalmente, anche teatro di inconcepibili scelleratezze.
Quirra - polveri uranio impoverito (1° parte) by roch3s imprentau dae:http://coscienzaevoluta.blogspot.com/



lunedì 22 dicembre 2008

Scienziate una Sicula ed una Sarda scoprono la fonte (mitza) più antica che esista


La ricerca scientifica di due giovani donne scienziate Isolane.

C'è una sorgente d'acqua antica 11 miliardi di anni ai confini dell'Universo. L'ha scoperta e descritta su Nature il gruppo coordinato dall'italiana Violette Impelizzeri Sicula, dell'istituto tedesco Max Plack di Radioastronomia, a Bonn, in collaborazione con Paola Castangia Sarda, dell'osservatorio di Cagliari dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).

Undici miliardi di anni fa la Terra ancora non esisteva e secondo la teoria del Big Bang, l'Universo nasceva tre miliardi di anni prima. Ma questa nube di vapore acqueo già vagava nello spazio interstellare di una remota galassia, un quasar, nelle vicinanze di un buco nerosupermassivo. Si tratta dell'acqua più antica mai osservata e la sua apre nuove prospettive nello studio dell'origine dell'Universo.

La Castangia che si trovava ad Effelsberg in Germania alle prese con la prima fase di studio afferma: "Siamo state fortunate, abbiamo individuato questa massa di vapore acqueo proprio nel primo oggetto sul quale abbiamo puntato il nostro enorme occhio, il radiotelescopio di Effelsberg, il più grande d'EUROPA, vicino a Bonn. Una scoperta così improbabile , che quasi non ci credevamo."

Ci chiediamo a quando l'apertura del radiotelescopio di Pran'e Sanguini situato nel Gerrei a una cinquantina di chilometri da Cagliari?

Restiamo in attesa di risposta.